PRIMO DOWN - La notte scorsa i Kansas City Chiefs hanno perso la loro ottava partita stagionale, a fronte di una sola vittoria. E per la PRIMA VOLTA in campionato sono stati in vantaggio: è successo a 8'37" dalla fine del primo quarto, sulla corsa in touchdown di Jamaal Charles che ha dato loro il 7-0 sui Pittsburgh Steelers, poi vittoriosi 16-13 al supplementare. D'accordo che le statistiche e le curiosità spesso sono solamente tali, senza voler dire nulla di concreto, ma era dal 1929 (!) che una squadra non riusciva ad andare in vantaggio nemmeno di un punto nelle sue prime otto gare, e 83 anni di football professionistico sono tanti. In occasione dell'unica vittoria, arrivata alla terza gara, i Chiefs avevano infatti solamente pareggiato alla fine del tempo regolamentare, e nel momento il cui il field goal (calcio da tre punti) del successo era passato attraverso i pali il cronometro si era fermato, per cui tecnicamente Kansas City non era stata in avanti neanche per un secondo. La notte scorsa, dunque, per la prima volta Brian Daboll, l'allenatore dell'attacco, ha potuto gestire azioni senza l'ansia di dover rimontare. E non per nulla i Chiefs, pur perdendo, hanno giocato una partita soddisfacente.
SECONDO DOWN - Si chiama contain (o containment), e in italiano viene tradotto come "contenimento" fin dagli albori del football. Traduzione accettabile, perché atta a colmare una lacuna del gergo tecnico nostrano. Fare "contenimento" significa in poche parole controllare l'esterno di una formazione difensiva. Uno dei primi consigli che vengono dati ai difensori è, in caso di avversario che con la palla si dirige rapidamente verso l'esterno per sfuggire al mucchio, quello di costringerlo a tornare verso l'interno del campo: come noto, la linea laterale è considerata un… difensore in più, ma non ha braccia e dunque non può fermare un giocatore che con la palla la stia sfiorando. Motivo per cui ci vuole sempre un difensore che con la sua presenza costringa l'avversario a rientrare all'interno, dove - a rigor di logica - è più facile che altri difensori anche in ritardo possano placcarlo. Si può obiettare che con la velocità che hanno alcuni giocatori Nfl una semplice deviazione in corsa non comporti conseguenze, ma bisogna ricordare che velocità simili le hanno spesso anche i difensori, e basta una frazione di secondo per fare la differenza tra un touchdown e un placcaggio. Perché questo infinito preambolo? Perché durante Philadelphia-Dallas di domenica sera, terminata 38-23 in favore dei texani, Dwayne Harris dei Cowboys (nella foto) ha segnato un touchdown di 78 yard su ritorno di punt, e in quella circostanza l'ultimo uomo degli Eagles in grado di ostacolarlo, proprio il punter Mat McBriar, ha fatto esattamente quello che non si deve fare: non ha preso decisamente l'esterno (contenimento) per fare "rientrare" Harris né ha cercato realmente di spingerlo fuori, come avrebbe forse potuto fare: è rimasto a metà, tuffandosi malamente quando era troppo tardi, ormai. Sia chiaro: non si trattava di un'azione difensiva ma appunto di una situazione di special team, e McBriar come punter non è tenuto a conoscere le minuzie dei difensori, ma il buon senso avrebbe dovuto consigliargli di fare quel passetto. L'azione è visibile da circa 3'05" su
http://www.nfl.com, McBriar è il giocatore in maglia verde numero 1.
TERZO DOWN - Sempre su Philadelphia-Dallas: nel corso del secondo quarto il quarterback degli Eagles, Michael Vick, è stato messo ko ed è uscito, con la diagnosi di un trauma cranico non lieve. Al suo posto, in campo, Nick Foles, che ha fatto quel che ha potuto, ovvero non moltissimo, tanto che due suoi errori hanno portato a due touchdown della difesa dei Cowboys. Perdendo, per la quinta volta consecutiva, Phila è caduta a tre vittorie e sei sconfitte: stagione non rovinata dal punto di vista aritmetico, dato che mancano ancora sette partite e la testa della NFC East è dei New York Giants che hanno solo 2,5 vittorie di vantaggio, ma sul piano tecnico e tattico è chiaro che la squadra è in grave difficoltà su tutti i fronti. Vick - che comunque aveva lasciato perplessi per le sue scelte, come al solito - forse è fuorie l'ambiente è agitato, come spesso capita a Philly, città nota per la ruvidezza della tifoseria, nota per avere in passato (1999) esultato per l'uscita dal campo in barella di Michael Irvin dei Dallas Cowboys. Domenica erano già pronti striscioni e magliette inequivocabili, e non sottili: uno di essi recitava, parafrasando l'espressione (trim the fat) che si usa normalmente per chi deve smaltire chili, "eliminate il grasso… licenziate Reid", cioè Andy Reid, il corpulento head coach. Un gioco di parole che farebbe anche sorridere, se non fosse che Reid, più che rabbia, suscita quasi compatimento, per l'aria rassegnata che ha. In estate aveva perso un figlio per overdose di eroina, e la sua sagoma curva, apparentemente impassibile dietro al celebre baffo, domenica ha fatto molta impressione. Anche se poche settimane fa lo stesso Reid aveva compiuto un gesto raro, nella Nfl, quello cioè di sollevare dal suo incarico Juan Castillo, allenatore della difesa, e si era attirato giuste critiche perché dava l'impressione di avere sacrificato il suo collaboratore all'altare delle difficoltà che iniziavano a sorgere.
QUARTO DOWN - Il concetto che fa la fortuna dello sport americano è la cosiddetta "parity" (uguaglianza competitiva), la possibilità cioè per ogni squadra, con buona gestione e programmazione, di vincere un titolo entro un periodo ragionevole di anni. Il segreto è tutto lì: il tifoso del Chievo sa già che il suo club non vincerà mai lo scudetto ed è anche poco stimolato ad assistere anno dopo anno a lotte per la salvezza, ma il tifoso dei Los Angeles Clippers sa che alla sua squadra non è precluso per statuto, o per principio, di conquistare il titolo Nba. Se non ci riesce, è per inettitudine della dirigenza, dell'allenatore, dei giocatori, non per muri economici e fossati pratici, come nel calcio italiano (e non solo). Detto questo, nella Nfl 2012 ci sono situazioni preoccupanti su più livelli: Miami, Oakland, Jacksonville, Cleveland, Buffalo, Kansas City (di cui abbiamo già parlato). Situazioni che da anni sono infuse di mediocrità, perché le squadre messe in campo sono quasi sempre incapaci di sostenere un'avversaria anche di medio livello. Miami a dire il vero fino a domenica aveva un bilancio di 4-4 ma per la partita contro Tennessee (persa 37-3) è stata pressoché abbandonata dai suoi tifosi (vecchio problema di tutti gli sport, a Miami), e Buffalo ha tenuto testa a New England cedendo solo per un intercetto nel finale, ma l'idea generale è che i progressi siano così lenti, o inesistenti, da creare una frattura con squadre che invece sono gestite con saggia continuità, e alla Nfl certamente non fa piacere leggere punteggi come 55-20 (Baltimore-Oakland), ma non c'è un rimedio pratico. Non serve cambiare la composizione delle conference, come si farneticò in passato quando per tanti anni le squadre della National Football Conference dominavano quelle della American nei Super Bowl: basta avere pazienza e contare sulla competenza dei dirigenti delle squadre peggiori. Ed è qui che spesso la parità non c'è: ma è la natura a stabilirla, nella differenza tra bravi e mediocri. Nel calcio europeo, dirigenti mediocri con molti soldi possono spuntarla su colleghi bravi senza budget, e infatti le squadre di vertice sono sempre quelle, le più dotate di mezzi. Nessun dubbio su quale panorama sportivo sia più dignitoso.
Roberto Gotta