Un accenno a quel che si può trovare di interessante nella Nfl. Con la solita suddivisione in down, come i "tentativi" a disposizione per ogni squadra per l'avanzamento di almeno 10 yard.
PRIMO DOWN -
I San Diego Chargers proprio non ce la possono fare. Domenica, a Denver, quinta sconfitta nelle ultime sei partite, bilancio di quattro vittorie e sei ko e addio virtuale alla possibilità di vincere la AFC West, anche se teoricamente un accesso ai playoff come wild card è ancora lì. Lì, cioè lontanuccio, se non si troverà il modo di rimediare a problemi che sembrano cronici, in attacco. A partire dalla linea: il lato sinistro ha avuto un calo, perché i giocatori che hanno sostituito i ritirati Marcus McNeill e Kris Dielman non son stati all'altezza, ed è in parte per questo motivo se il quarterback Philip Rivers ha dovuto improvvisare più di quanto non avesse fatto in passato. L'attacco dei Chargers è sempre stato molto efficace, con Rivers alla guida, ma quest'anno le cifre complessive sono inferiori al solito, e lo stesso quarterback pur avendo completato il 67,1% dei suoi passaggi - settimo di tutta la Nfl - ha lanciato solo 17 touchdown e subito 14 intercetti.
Quel che è peggio è che la percentuale di intercetti sui lanci effettuati è per Rivers la peggiore tra i primi 32 pari-ruolo presenti nelle statistiche. Troppo spesso il ragazzone dell'Alabama ha dovuto lanciare in condizioni precarie a causa della pressione della difesa, e in alcuni casi ha voluto a tutti i costi provare a completare un passaggio finendo con il recapitarlo ad un avversario, come accaduto due volte nella brutta sconfitta a Tampa di domenica 11 novembre e come magari era abituato a fare fino allo scorso anno, quando in squadra c'era Vincent Jackson che per fisicità, mani e statura poteva raccogliere palloni anche ardui da tenere. Come tutti i qb, Rivers deve dimostrare di sapersi mettere alle spalle gli errori senza perdere nulla del coraggio e della sicurezza di sé che sono condizioni necessarie per il ruolo, ma in alcuni casi farebbe meglio a seguire il vecchio consiglio di buttare via il pallone piuttosto che rischiare l'intercetto.
Consiglio che fu per primo il padre, allenatore di liceo, a dargli. E non è che Rivers, all'apparenza molto testardi, sia impermeabile ai dettami altrui: rispetta ad esempio alla lettera le prescrizioni del cattolicesimo e si dice contento di essere nato l'8 dicembre, giorno dell'Immacolata Concezione, ma è anche questo il motivo per cui si sposò presto, a nemmeno 20 anni (non del tutto fuori tempo per la parte d'America da cui proviene, peraltro). Come mai? Semplice: era contrario al sesso prematrimoniale, e probabilmente non si riteneva in grado di esercitare la necessaria temperanza troppo a lungo (ora ha sei figli, tra l'altro). Tornando al football, con una difesa efficace come quella vista quest'anno, ai Chargers basterebbe aumentare di un 15% la propria produzione offensiva per tornare a giocarsi un posto nei playoff dalla porta di servizio, ma sarà dura.
SECONDO DOWN - Fine novembre. E tornano i New York Giants. In più di un senso: tornano, dopo una settimana di riposo ("bye", nel gergo sportivo americano). Tornano, perché una misteriosa e inespugnabile combinazione di motivi fa sì che negli ultimi anni la squadra trovi la corretta combinazione di attacco, difesa e special team nel periodo che va dal Giorno del Ringraziamento ai playoff. Compresi, ovviamente, ovvero il vero momento della stagione in cui è necessario essere in forma. Non è cabala, non è un "precedente", ma qualcosa che evidentemente nemmeno coach Tom Coughlin riesce a identificare, altrimenti avrebbe posto rimedio a una situazione che, vista da una diversa angolazione, vede i Giants COSTRETTI a rilanciarsi dopo un inizio non eccezionale.
Attenzione: la squadra è prima nella NFC East con sei vittorie e quattro sconfitte, ma ha una sola partita di vantaggio sui Dallas Cowboys e a sei gare dal termine è un margine non sufficiente, considerando anche che i due confronti diretti sono già stati giocati e sono sull'1-1, per cui in caso di parità finale verranno considerati gli esiti delle partite contro le altre squadre della division… e i Cowboys al momento sono in vantaggio. Dunque, non siamo alla quasi tradizionale situazione di Giants in ritardo e costretti a tirarsi il collo per arrivare ai playoff: ma dopo due sconfitte consecutive, pure bruttine, la sosta è arrivata giusta giusta per rilassare muscoli contratti e soffiare via nuvole da cervelli oscurati. A quanto riferiscono i media, dopo alcuni giorni di riposo i giocatori al ritorno agli allenamenti hanno convocato una riunione interna per discutere di qualsiasi argomento utile a migliorare la situazione, e a quanto pare è emersa qualche indicazione per un cambiamento di rotta.
Justin Tuck, il capitano della difesa, ha addirittura detto «per come abbiamo giocato le ultime quattro partite siamo fortunati ad essere 6-4», chiara indicazione che nemmeno nelle vittorie i giocatori erano particolarmente soddisfatti di ciò che avevano messo in campo. La riunione pare sia stata ispirata dalla consulenza che un gruppo di ex piloti di caccia, chiamato Afterburner, ha dato ai Giants sia lo scorso anno sia pochi giorni fa, il 12 novembre. Pure Eli Manning, sospettato nell'ultimo mese di avere un "braccio stanco", che ha normalmente reazioni blande alla maggior parte delle situazioni, ha commentato in modo positivo il ritorno agli allenamenti, il che torna molto utile se si pensa che la prossima partita dei Giants è contro Green Bay e che nessuna delle cinque successive si presenta particolarmente agevole. La maggiore soddisfazione? Nessuno dei giocatori ha detto "ora ci attendono sei finali". Evviva.
TERZO DOWN - Torniamo alla AFC West. Con Kansas City. E i suoi tifosi. Argomento delicatissimo, questo. In generale, dei tifosi non si dovrebbe mai parlare, men che meno nelle classiche situazioni all'italiana in cui gruppi organizzati pretendono di indirizzare la politica del loro club assicurandosi con la prepotenza e l'intimidazione incontri con dirigenti, giocatori e allenatore. In America situazioni del genere non possono verificarsi, per via della diversa cultura (e della fortunata mancanza di tifo organizzato), ma la pazienza la perdono pure laggiù, e non poco. Solo che la loro frustrazione viene espressa in modo diverso. Domenica, all'Arrowhead Stadium di Kansas City, moltissimi spettatori indossavano magliette o indumenti di colore nero, in segno di… lutto per la pessima annata dei Chiefs, che fino a quel momento avevano una vittoria e otto sconftte, e di protesta per la gestione della squadra da parte del proprietario Clark Hunt (figlio di Lamar, fondatore di… quasi tutto quel che c'è di sportivo negli Usa e anche grande appassionato di calcio) e del general manager Scott Pioli.
Niente intimidazioni di mentalità mafiosa, niente lanci di oggetti: una protesta silenziosa, corroborata dal volo di un aereo che trascinava uno striscione di dissenso, per la terza volta quest'anno, e dal fatto che molti semplicemente allo stadio non sono andati. E parliamo di una squadra nota negli ultimi decenni per la passione della propria gente e l'impressionante macchia rossa che riempiva l'Arrowhead nei giorni delle partite, rendendolo uno degli ambienti più belli della Nfl. Della squadra attuale non piacciono, ai tifosi normali e a quelli che si riconoscono nel sito
saveourchiefs.com, finanziatore degli striscioni avio-trainati, le scelte di Pioli, arrivato da New England nel 2009 con l'etichetta di genio della programmazione, la gestione di Hunt, volta a loro avviso al risparmio più che alla conquista, la conduzione tattica del coach Romeo Crennel e il rendimento del quarterback Matt Cassel, ex New England.
Non è questione di risultati, dicono, ma di assenza di progressi e anzi di pericolo di crollo, per un club che non arriva al Super Bowl da 42 anni. Ma se ad essere scontenti in giro per la Nfl sono i tifosi di tante squadre («al Super Bowl ogni anno ne vanno solo due» ha ricordato un giocatore), quel che ha sorpreso è che la protesta sia stata così vistosa, eppure così civile, proprio a Kansas City, famosa per la sua passione. Anche se non sempre c'è stata pulizia totale di comportamento: quando Cassel uscì infortunato dal campo, il mese scorso, una parte del pubblico esultò, venendo poi solennemente rimproverata nel dopo-gara da Eric Winston, uno dei migliori giocatori della squadra, appena arrivato da Houston. Il guaio è che non si vede la fine del buio, a meno che qualcosa non cambi. Non certo il proprietario, ovviamente: forse il gm, forse Crennel, che due settimane fa cedette a Gary Gibbs il ruolo di defensive coordinator e pochi giorni prima aveva detto «non ho idea del perché Jamaal Charles abbia portato palla così poco», forse Cassel, che però ha un contratto molto pesante.
Quel che si sa è che a un mese e mezzo dal termine della regular season per i Chiefs la stagione è già a rotoli, e con altre due partite in casa nei prossimi quindici giorni lo scenario diverrà ancora più triste. Basta che nessuno ci rimanga secco: in un necrologio pubblicato qualche giorno fa nel quotidiano locale, e subito ripreso sul web, si leggeva che il signor Loren Lickteig è deceduto lo scorso 14 novembre per "complicazioni da sclerosi multipla e crepacuore causato dai Kansas City Chiefs". Forse uno scherzo dei figli, forse una frase che il signor Lickteig ha voluto far inserire, ma insomma ci siamo capiti.
QUARTO DOWN - Quarto e uno, restiamo corti, avendo esagerato nei tre down precedenti. Con una curiosità, semplice curiosità: ad operare Darrelle Revis, il grande cornerback dei New York Jets che due mesi fa aveva subito la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, è stato un ortopedico piuttosto noto, il professor Russ Warren. Embé? Beh, Warren, che ha 70 anni e lavora al rinomatissimo Hospital for Special Surgery di New York ma ha anche un ambulatorio in una cittadina del Connecticut dove risiedono i ricchi pendolari (come lui) che lavorano a Manhattan, è il medico dei… New York Giants. Da oltre 30 anni. E con i Giants aveva anche fatto un provino nel 1961, senza successo. Poi, come professionista ovviamente Warren opera chiunque si rivolga a lui, ma è curioso che ci sia stato questo incrocio di destini, ora.
Roberto Gotta