Martine Wright, da sopravvissuta alle paralimpiadi
Sopravvissuta agli attacchi di Londra del 2005,la pallavolista inglese scende in campo questa sera: "Sono stata fortunata"
Quando le ragazze britanniche della pallavolo paralimpica scenderanno in campo questa sera contro l'Ucraina, date un occhio alla numero 7. Si chiama Martine Wright, è un'ex dirigente di marketing e il 7 luglio del 2005 è sopravvissuta agli attentati alla metropolitana di Londra, in cui morirono 52 persone. Nell'attacco di quattro kamikaze ispirati da Osama bin Laden, Martine perse entrambe le gambe, ma citando le sue stesse parole, quella non fu la fine della storia.
"Dirò sempre che quel giorno, sono stata una dei fortunati", racconta ad Associated Press. "Sono sopravvissuta, non so come sia successo. E da quel momento ho sempre vissuto la mia vita". La sera prima era stata fuori fino a tardi per festeggiare l'assegnazione dei Giochi olimpici a Londra. La mattina dopo non sentì la sveglia e così decise all'ultimo di prendere la metro invece della macchina. Riuscì a salire sul mezzo mentre le porte si stavano chiudendo. Martine riferì in seguito di aver visto un lampo di luce e di aver avuto la sensazione di essere stata sbattuta da una parte all'altra del vagone. Guardò in alto e vide una delle sue scarpe da ginnastica appena comprate, piena di sangue, infilzata in un pezzo di metallo. Una poliziotta fuori servizio la vide, le mise un laccio emostatico intorno alla gamba, le tenne la mano e le bagnò le labbra con un po' d'acqua. Nell'esplosione, Martine perse i tre quarti del suo sangue. A causa delle gravi ferite, il corpo le si gonfiò talmente tanto che inizialmente, il fratello e la sorella non la riconobbero in ospedale e dissero alla polizia che non si trattava di lei.
"Quando ti succede qualcosa di traumatico nella vita, a volte perdi te stesso, ti ritrovi in un mondo completamente nuovo". Martine non si è fermata, e anzi, ha deciso di imparare a volare, si è sposata e ha avuto un bambino. Ma non le è bastato. Le mancava la competitività che provava a lavoro, e così si è buttata nella pallavolo paralimpica, perché a differenza di altri sport, non doveva usare la sedia a rotelle. "Quello che mi è successo - spiega - è un evento molto negativo, ma allo stesso tempo ho ottenuto qualcosa di così tanto positivo. È un miracolo". Nessuno si aspetta una medaglia dalla squadra britannica di volley femminile alle paralimpiadi di Londra, perché le atlete non hanno ancora molta esperienza. Ma 'vittoria' è un termine molto relativo, proprio come 'fortuna'. Chiedetelo alla numero 7.
venerdì, 31 agosto 2012, ore 16.22